zell

Questa è un’altra di quelle bottiglie che mi fanno ricredere, e ne sono contento, sulla cooperazione vinicola trentina. E che mi fanno pensare che il Metodo Classico Cooperativo non abbia niente da invidiare a quello dei grandi e piccoli produttori privati. La aggiungo felicemente al Dosaggio Zero di Cavit, al Redor rotaliano, al Morus di Mori Colli Zugna, al Valentini di Vivallis e mi fermo qui. Non me ne vorrà l’amico Massarello, convinto come è che il Metodo Classico non diventerà mai un gioiello cooperativo, perché, dice lui, la cooperazione è una roba popolare mentre il vino champagnoso è una roba elitaria. Bene, io non la penso così. E vorrei vedere cosa dice l’amico Massarello davanti a questa bottiglia: Zell – Cantina Sociale di Trento – Sboccatura 2013.

Intanto due parole sulla cantina che ora conta poco meno di 400 soci, che coltivano la vigna quasi esclusivamente in collina, la collina di Trento, e poco in fondovalle, fra l’altro con qualche puntata in alta e bassa Vallagarina. Nata poco più di 50 anni fa, la Sociale del capoluogo ha una genesi affatto diversa rispetto alla gran parte della cooperazione vinicola trentina. Nacque, infatti, nell’alveo dell’aristocrazia e dell’alta borghesia tridentina. Niente di popolare né di proletario-contadino nel suo DNA.

Oggi, chiaramente, non è più così. I soci allora, nel 1956, erano 11, ora sono 400. La base sociale, insomma, si popolarizzata. Ma l’imprinting originario, quello legato ai grandi (per il minuscolo Trentino, si intende) proprietari terrieri, resta: la proprietà media di ogni socio è circa il doppio rispetto a quella delle altre sociali trentine. E questa allure alto borghese e aristocratica emerge anche da una serie di altri elementi. Intanto è una coop che conferisce in Cavit, questo sì, ma in misura molto, ma molto, minore rispetto alle altre consorelle. Perché nel tempo si è dotata di un carrarmato commerciale come Concilio SpA, uno dei grandi e storici marchi del trentino vinicolo. Poi, perché i soci sono rimasti più fedeli di altri alle varietà distintive e si sono lasciati irretire meno di altri dal miraggio del Pinot Grigio, conservando comunque ampi margini di redditività. Del resto si è sempre detto che le uve migliori del Trentino, e qui Massarello, che oggi tiro in ballo per la seconda volta, può essere buon testimone, siano proprio quelle della collina di Trento.

E ora veniamo alla bottiglia che prende il nome (Zell) da un toponimo della zona di Cognola (frazione di Trento, alle pendici del monte Calisio), dove la vigna di Chardonnay è allevata su un terrazzamento naturale a circa 500 metri di altitudine. La produzione, almeno sino ad oggi, è risicata. Nel 2009, 1000 bottiglie. Che sono raddoppiate nel 2010. E “la prospettiva – assicura il direttore, e AD di Concilio, Alfredo Albertini, – è quella di arrivare a 6/7000 bottiglie, ma senza andare oltre questo obiettivo, perché qui si ferma la capacità produttiva di quella zona”.

Si tratta di un Blanc de Blanc, che l’etichetta dichiara come Brut anche se la sensazione è che viri all’estremità con un dosaggio Extra, che resta sui lieviti per circa 30 mesi. Nonostante il lungo riposo, non perde nerbo e scattosità, né in bocca né al naso. Il perlage è ordinato e continuo. E’ un vino che non si dilunga sulle suggestioni burrose e lievitose, evidenziando invece note secche, ammandorlate e agrumate. Poi fila via dritto anzi in alto verso sensazioni decisamente verticali e minerali, pur restando morbido e rotondamente equilibrato. Pulito e fragrante, sia in bocca che all’annuso, è capace di persistenza e manifesta una buona struttura. Basta così: mi è piaciuto. Si capisce. E quindi, come ho scritto anche ieri a proposito di Redor, buon Metodo Classico Cooperativo a tutti.

Prezzo: euro 17,50 in cantina