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di Rusticus – La storia del piccolo Simone mi fa venire in mente il nostro medioevo, prossimo e futuro. Non parlo della persecuzione e delle stelle di David. Ma delle storie inesistenti che abbiamo creato e continuiamo a creare. Questo in tema di viti e cultivar di cosa nostra.

Trento & Valle d’Adige

Trento e la valle d’Adige hanno sempre goduto della vicinanza di un fiume, anche nel 1400.

Siamo la valle ricca di limi fluviali, di cultivar che si spingono fin sulle del fiume. Trento – nel 1400 – era una piccola Venezia: il castello del BuonConsiglio, Torre Vanga, Torre Verde, la chiesetta di San Francesco, allora su un’isoletta, oggi vicina alla stazione ferroviaria, costituivano un baluardo di difese e gabelle per chi passava per Verona.

Il piccolo Simone, forse mentre stava giocando, cadde e affogò nella roggia, quasi un torrente, che oggi scorre forse ancora da via Grazioli, piazza Venezia, fino a via Brennero, perché lì c’era l’Adige. Poco distante l’attracco fluviale per barche e zattere, oggi l’arco con lanterne alla fine di via Suffragio. La movida, per i più giovani.

Alluvione 1966: il fiume si riprese il suo alveo e il quotidiano “L’Adige” il 6 novembre di quell’anno titolava: “Trento è un’isola”.

No, Trento per un attimo tornava ad essere un porto fluviale. Come quello del Simonino.

 

Vigne e Vigneti

Le nostre migliori vigne erano e sono ancora vicino al fiume. Poi, di fronte all’urbanizzazione selvaggia, sono lentamente salite in quota. Con dedizione e intelligenza.

I nostri terrazzamenti per lo più sono arricchiti dai limi dell’Adige.

Poi cambiano e si modificano, non nella struttura ma nel gusto del prodotto finito.

Con fatica. Tanta. I vecchi ceppi e varietà vengono parzialmente dimenticati, surrogati con quelli più commerciali e poi?

 

Altezze SLM

SLM significa altezza sul livello del mare: è una quota uguale nel mondo.

La valle d’Adige è a quota quasi media appenninica: parte da 200-280 slm.

Poi si innalza di poco, gradatamente perché ad arrivare a quote un più alte non si avrebbero frutti soddisfacenti.

Del resto, ricordando Simonino e dintorni, la vigna del Signore non stava certo in Europa. Né da noi.

Mela di montagna, il gusto ci guadagna”, ecco quella produzione che dalla Rocchetta in su è cambiata decisamente, commercialmente, migliorata ed espansa. Il mercato è una lotta continua, ma almeno in fatto di mele e di quote SLM ci siamo ancora. E questo mi piace.

 

Vigneti delle Dolomiti

Eccomi, alla comunicazione. Morgan Usai, in un altro post, ha ricordato la figura di Emanuele Pirella (aggiungo Goestche, Mc Cann, TWBA, ecc). C’ero anch’io e c’era un problema di nostre professionali identità: “Pubblicità e Comunicazione servono a far conoscere e a vendere e mai a raccontare ciò che non esiste: piuttosto meglio perdere il cliente!

Di qui le eleganti follie di “Comunicazione e Progresso” e altre che cercavano di spiegare agli utenti come “Comunicare” non significhi “non dire” o peggio “mistificare”.

I “Vigneti delle Dolomiti”, ultima spiaggia per onesti illusi, ma anche stimolo per quelli che desiderano tornare se stessi. Non so chi ha avuto l’idea (la rispetto ma non la condivido), ma questa denominazione mi fa pensare che lettori, degustatori e, soprattutto, consumatori non capiscano i concetti e si fermino solo alle parole.

Così, alla meditazione di tutti, da ex rocciatore della Sat, mi permetto di affermare che in quota non ho mai trovato “‘na boza de bon vin” e neppure vigne dolomitiche.

Però un chiodo di Preuss o di Giorgio Graffer, quelli sì.

E nessuno penso li abbia ancora toccati.