(continua) – Il 18 marzo del 2016 il gruppo dei vinificatori dilettanti si riunisce per una controllata al vino. Per cominciare diciamo subito che questo vino ha anche un nome ed un’etichetta: Domaine de l’Illusoire, che dietro il profumo francese contiene il senso intero della nostra avventura. Lo spiegherò diffusamente un’altra volta.
Questa volta decidiamo di captare dalla nostra barrique due caraffe di vino, una pescandola dallo strato più superficiale e l’altra da uno strato più profondo. Già a prima vista sembra (dico sembra perché la luce è poca) che il colore sta migliorando rispetto ad un mese fa, e al colpo d’occhio appare quasi limpido. Il colore è violaceo e particolarmente viola appare l’unghia. L’assaggio alla temperatura della cantina, quindi ancora freddino, regala una nota piacevolmente amara. Il naso è ancora piccolo ed il gusto in sintesi è buono. Non è solo per curiosità che tutti vorremmo riassaggiarlo (=trinkarlo) e ci sembra un buon segno. Per ora il sentore principale è ancora quello vinoso: qualcuno sente una prima idea di venatura di legno specialmente nel vino estratto dallo strato profondo, ma non tutti sono d’accordo e quindi la cataloghiamo come una suggestione – o una speranza.
Lasciato il vino a riscaldarsi in cucina per circa un’ora e mezzo (trascorsa fra abbondanti libagioni di altri vini tutti caratterizzati dall’essere dei tagli, come quello che facciamo noi) proviamo un assaggio più tecnico. Il colore violaceo e l’unghia viola sono ovviamente rimasti, la gradazione del colore sembra più compatta rispetto ad un mese fa, più densa. A traguardare il bicchiere il vino è molto più limpido e pulito, anche se non ha ancora una veste brillante: rimane quella tonalità un po’ … non dico spenta ma “opaca”.
L’estrazione superficiale e quella profonda sono molto rassomiglianti, forse il bicchiere superficiale è un po’ più fresco e leggero. Al naso si percepisce il solito sentore vinoso ed una punta alcolica, sembra un po’ come annusare della frutta sotto spirito, ma appena appena. In bocca qualche sapore di frutta, ormai chiaramente ciliegia anche se qualcuno sente prugna. Il vino ha grandi margini di miglioramento e quanto sia migliorato dalla volta scorsa è tangibilissimo. Per ora ciò che prevale in bocca è un tannino piuttosto astringente e, sopra ogni cosa, una lunghezza biblica. E’ un vino che resta in bocca per un’eternità.
Qualche commento: fare questa cosa vuol dire soprattutto attendere l’evoluzione di una cosa viva. L’impressione del vino è quella di un continuo divenire, e i cambiamenti rispetto alla volta scorsa sono realmente tangibili. Siamo molto contenti della persistenza aromatica che è molto intensa, siamo contenti che vada via via ad illimpidirsi,. Al contrario ci mancano molto dei sapori veri, perché ad ora prevale il vinoso ed il tannico. Ci sorprende anche un po’ che non si percepisca l’influenza del legno. E’ una barrique seminuova che ha avuto un solo passaggio precedente a questo. Ci aspettavamo di sentire già un po’ di vanigliato invece non c’è. Altra cosa che da neofiti non ci aspettavamo o quantomeno ci sorprende, è il fatto che chi beve di più vino finora è proprio la barrique. Il custode del vino ci dice che è spesso lì a controllare e rabboccare. Altra osservazione è che mancando fra di noi un esperto o un tecnico vero, andiamo molto a sensazioni: il vino ci piace, riconosciamo qualche profumo e qualche sapore ma in maniera fugace. Soprattutto è tutto molto lento, in linea con quello che potrebbe essere una vita meno stressante di quella che facciamo.
Insomma stiamo imparando l’impazienza e il “piacere” dell’attesa. E stiamo anche capendo il perché alcune manifestazioni enologiche si fanno in questo periodo. La campagna non dovrebbe richiedere troppi impegni, ed il vino non ne richiede affatto. Quindi un po’ di tempo ce n’è anche per i vignaioli veri.

(continua)