Sporadicamente, quando ne ho tempo e voglia, vado a dare un’occhiata agli eventi organizzati da FISAR, AIS e ONAV.

L’altra sera, guardando sul sito dell’AIS, mi trovo come primo evento questo seminario sul neuromarketing del vino, dal titolo “Comunicazione ed emozione del vino”, sottotitolo: “Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano.

E prosegue:

[ … ] occorre trovare nuove soluzioni di marketing in grado colpire emotivamente e sapere comunicare efficacemente valorizzando al massimo le proprie competenze tecniche con quelle della comunicazione e della persuasione. Un’occasione per conoscere approfonditamente le migliori strategie di comunicazione e promozione di un vino per “guidare” le degustazioni. [ … ]”.

La degustazione finale prevedeva, tra l’altro, il Ferrari Perlé.

O Santa Polenta, ho pensato.

È interessante, da un lato. Il marketing mi ha sempre affascinato e ogni tanto leggo qualche articolo, qualche post, o addirittura qualche libro.

Però, questo seminario sarebbe stato estremamente convincente se fosse stato organizzato da un’associazione di vitivinicoltori, da una associazione di categoria, da una camera di commercio: o dalla funzione marketing di una grande azienda di produzione o distribuzione di vino.

Ma mi suona un po’ strano che a promuoverlo siano i sommelier, ecco.

I sommelier non dovrebbero necessariamente persuadere il consumatore o “promuovere un vino”. Forse dovrebbero decostruire e disvelare il modo con cui la comunicazione ci vende un’etichetta al posto di una bottiglia, il nome di un vitigno al posto di un’esperienza.
Dovrebbero essere un collegamento tra il mondo dei profani amatori del vino e il mondo che il vino lo produce, distinguendo i prodotti e i produttori seri da quelli che invece spacciano fregature.

Ma forse, sono un ingenuo.