(Per il lettore: il nonno Romolo del titolo, che mi ha ispirato queste poche righe, è quello evocato nel post di Anna Fasciani dell’altro giorno: quel nonno che in un bicchiere non ci trova il cuoio, ma solo il vino).

Ci sono sempre molteplici livelli di lettura: pensiamo ai libri, dal Conte di Montecristo alla Bibbia, dalla Divina Commedia a Romeo e Giulietta. Si possono leggere in metropolitana per ammazzare il tempo, o si può dedicare loro una vita intera.

Ricordo anche, alla Tate Modern, la prima volta che ho visto un Pollock: artista che, avviluppato nella mia ignoranza laocoontica, allora proprio non conoscevo. Sono rimasto affascinato da quel gioco di macchie di colore; e il bello è che non ho ancora capito perché: era semplicemente un’emozione. Ma c’era un pensiero, l’espressionismo astratto e l’action painting dietro quell’emozione.

Dunque è un pezzo che siamo abituati a leggere un’opera d’arte su più piani e lo stesso accade, mutatis mutandis, per il vino e il cibo.

Ci stanno tutti i livelli possibili.

fontana-marcel-duchamp-307479Se però nel costruire un piatto, un vino d’autore ci si dimentica di nonno Romolo, si rimane con la lisca fritta; o con il vino imbevibile figlio di talune operazioni intellettuali.
Un po’ come rimanere con l’orinatoio di Duchamp: ma senza gli strumenti per capirlo, e un unico, ben preciso, possibile utilizzo in mente.