La natura radicalmente reazionaria e conservatrice del partito democratico del Trentino, del resto perfettamente in linea con quello nazionale, in questi giorni la si deduce più che dalla piccola storia ignobile che si è consumata a Rovereto, dalla candidatura di Pietro Patton nel collegio senatoriale di Trento.
Chi è Pietro Patton? Intanto è l’attuale presidente di Consorzio Vini del Trentino, l’organo di autogoverno delle denominazioni locali. Una carica, per altro più onorifica che reale perché le decisioni vere vengono adottate altrove, a Ravina e a Mezzocorona, mentre in via del Suffraggio vengono semplicemente ratificate, una carica onorifica, dicevo, che gli fu conferita all’indomani del ritorno del gruppo La-Vis, Cembra, Cesarini Sforza e Casa Girelli nell’orbita dell’oligopolio imperialista di Ravina. Gruppo di cui Patton era presidente.

L’aver traghettato l’ultimo baluardo della territorialità viticola ed enologica del Trentino dentro il cerchio magico oligopolista, ma in un ruolo di asfissiante sudditanza mezzadrile, l’aver facilitato e guidata questa operazione, e questa sì fu una grande storia ignobile, gli valse la sinecura di Palazzo Trautmannsdorf. Per chi avesse perduta memoria di quelle vicende,  rammento che il polo territorialista di La-Vis, violentemente osteggiato sui mercati internazionali dalle centrali di imbottigliamento trentine, prima fu messo sul lastrico da un management perlomeno disinvolto e velleitario, poi fu spolpato da un paio di commissariamenti la cui regia era attribuibile per intero al famelico gruppo dirigente dellaista e infine fu risanato dalla oculata gestione dell’ultimo, il terzo, commissariamento.

Ora, a distanza di tre anni da quei barbari fatti, l’assorbimento di La-Vis da parte di Cavit che ha annientato l’ultimo prestigioso lembo territorialista del vino provinciale, arriva la candidatura senatoriale nelle file di PD di Pietro Patton, il cui unico (de)merito politico è rappresentato dalla sua assoluta, manifesta ed esibita fedeltà al sistema. Sistema politico, finanziario ed economico.

E purtroppo, questa, non è solo fantasia psichedelica di un povero cristo confinato ai margini della civiltà democratica. Purtroppo. Perché, per esempio, anche un lampadario, o un asino, capisce che l’assist fornito a Patton ( e alla protagonista della piccola storia ignobile roveretana) dal giardiniere di Trento, il sindaco animato dalla pornografica velleità di accarezzare la presidenza PAT nel 2023 , è orientato a costruire un blocco elettorale fidelizzabile ad Assindustria e a FEDERCOOP in vista delle elezioni locali del prossimo anno in funzione anti leghista.

E così il partito democratico del Trentino, come quello che a Bologna candida un vecchio (ma almeno simpatico) democristiano trasformista come Casini, conferma un DNA intimamente classista. E soprattutto permeabile agli orientamenti di un management cooperativo di stampo squisitamente padronale e reazionario. Pronto ad allearsi con Assindustria  e con via via Segantini. Con la faccia innocua e improbabile di un sindacalista per caso che sta facendo salti mortali per far scordare a tutti, e soprattutto a se stesso, un decadente e già tumulato cursus sindacale.