Ma come diavolo fa un Pinot Grigio a sapere di ananas, mandarino, pietra, accenni di burro, spezie dolci: al punto da chiedersi se per caso fa legno (no, non ne fa)? Morbido, come deve essere un Pinot grigio, ma con una bella acidità e un corpo robusto.

Sarà forse perché non è uno dei soliti Pinot Grigo di valle industriali, che pure, bisogna riconoscerlo, sono migliorati, ma è allevato in collina, nell’Oltrepò Pavese, terra di grandi eccellenze e altrettanti contrasti.

Dev’essere per questo che il mio compagno di bevute, con un’antica ruggine nei confronti di certi Pinot Grigio, ha l’aria soddisfatta e sorniona di un gattone che ha appena mangiato un topo. Magari penserà anche al prezzo, poco più di dieci euro online.

O penserà che prima o poi, questo maledetto e benedetto Pinot grigio, troverà una strada tutta sua, o forse più strade, di collina e fondovalle, e troverà piccoli vignaioli ed enologi che lo curano come merita, anche da altre parti, non solo in Oltrepò.

O forse chissà, per il momento si gode solo la sorpresa nel bicchiere, e va bene così.

Ah, il vino? È l’Elivià de Le Fiole, due viticoltrici sommelier che hanno rinnovato l’azienda paterna; l’enologo è Giulio Beltrami.