classe-dirigente cercasi di Claudio Gambarotto – Digerito il pesante spezzatino a base di orsi, visto che oggi inizia agosto, mi viene naturale proporre un argomento più leggero, da sdraio sotto l’ombrellone….

Penso non sia sfuggita a nessuno di quelli che seguono il mondo del vino la notizia recentemente apparsa sui giornali relativa ad un esposto presentato da alcuni soci della Gruppo La-vis alla Procura della Repubblica al fine di sollecitare un’indagine da parte delle autorità di pubblica sicurezza per verificare la presenza di un reato nella conduzione passata dell’azienda. Premessa: già in questo ci sono tre notizie. La prima, impensabile fino ad oggi, che un socio agricoltore faccia an’azione legale alla direzione di una cooperative trentina. La seconda, questo macigno nello stagno finora ha generato ben poche onde. La terza, per la prima volta si ha il coraggio di mettere in discussione con un’azione legale, civile e tangibile l’ordine costituito ed i poteri dominanti, interni ed esterni, che gestiscono le cantine di casa nostra. Qui non voglio trattare di gossip o di codice civile o responsabilità penale, che lascerei volentieri ad esempio all’esimio avvocato Elvio Fronza, ma dell’aspetto mageriale e dalle competenze dei vertici di gestione di una azienda vinicola.

Sono sempre stato convinto, e oggi più che mai, che nessuna attività imprenditoriale, nelle fattispecie una cantina di produzione e commericiazzazione, possa prescindere dall’avere oltre ad un capace manager come direttore generale, anche, e questo è sempre più importante, un consiglio di amministrazione formato da amministratori competenti e capaci. Amministratori che sappiano leggere un bilancio, statistiche, analisi commerciali, che conoscano i mercati perchè hanno messo il naso nei ristoranti, enoteche, supermercati dei principali Paesi esteri, che sappiano un pò di inglese e che sappiano usare il computer per effettuare delle ricerche, che abbiano visto quello che fanno i produttori internazionali di maggior successo, in altre parole che non si facciano prendere per il naso dall’imbonitore di turno.

Per farsi una idea, sebbene estrema, di come dovrebbe essere formato un consiglio di amministrazione professionale e competente, porto ad esempio quello della multinazionale sudafricana Sab Miller (birre e quant’altro), sul cui sito vediamo sia il board (consiglio di amministrazione) che l’executive committee. Cliccando il link del profilo dei vari managers possiamo renderci conto del bagaglio professionale dei vari membri, tutti con significative esperienze in altre multinazionali come la Phillip Morris, Remy Cointreau, Kraft Foods, finanziario quali Barclays Bank ecc. ecc. Alle aziende vinicole capita molto più spesso che in passato di intoppare in un direttore sbagliato, ma un buon CdA ci mette poco a scoprirlo e neutralizzarlo. Una azienda con un cda senza competenze oggi rischia molto. Senza competenze non si gestisce nessuna azienda. Si fanno solo errori e buchi finanziari, depauperando il denaro pubblico (quindi anche mio) tramite contributi a fondo perduto e tramite iniezioni sempre di denaro pubblico per tenerle in vita artificialmente. Le migliaia di soci viticoltori trentini faranno bene in futuro a stare molto all’erta, la politica sarà sempre più in difficoltà a sanare i buchi di gestioni superficiali e di manager incompetenti e l’opinione pubblica (perlomeno quelli che pagano le tasse) sempre meno tollerante per cui, da buoni padri di famiglia, è meglio che comincino a guardare il curriculum di chi chiede il voto per fare il membro del loro consiglio di amministrazione e magari cooptare anche figure professionali esterne di provata competenza.

Claudio Gambarotto

1 Agosto 2012