Divampa fra Intravino e Vino al Vino, la discussione attorno alla presunta, o reale, pornografizzazione di Vinitaly  2013. Dalle bottiglie di Rocco Siffredi ai presunti, ma non inverosimili, giri di droga e pornografiaprostituzione aleggianti ai margini patologici della fiera veronese. Dico non inverosimile, perché questi sono fenomeni che accompagnano tutti i grandi carrozzoni, fieristici o non fieristici. E  Vinitaly, oltre ad essere un importante (forse sempre un po’ meno) fiera mondiale, è invevitabilmente anche un carrozzone. Con migliaia di uomini e donne che finito il tempo del lavoro allo stand, cercano di rilassarsi e magari di evadere. E lo fanno come possono e come sanno fare. E qualcuno disposto a mettere su  per loro qualche  allegra divagazione, lo si trova sempre. Chi ha girato il mondo queste cose le ha viste mille volte.   Scagli la pirma pietra chi non se ne è mai accorto. Per questo  leggendo Intravino e Vino al Vino inorridisco, ma fino a un certo punto.

C’è stata una cosa, però, che mentre sgambettavo fra i padiglioni della fiera mi ha provocato un senso acido di disgusto. Erano le facce e i corpi di bambini africani provati dalla fame. Erano stampati sulle gigantografie che accompagnavano l’ingresso nello stand luccicante di un grande gruppo veneto, specializzato nella produzione di vino low low cost che sbanca tanto in Italia quanto in Cina. Volti e corpi usati per indurre nel consumatore la percezione di un vino, chiamiamolo così, “etico”. Prodotto da chi destina una parte dei propri ricavi alla costruzione di pozzi, o di non so cosa, in Africa. Davanti a quei volti e a quei corpi, che per pudore non ho fotografato, ho capito cosa sia la pornografia: la beneficenza (?) pelosa urlata e usata per vendere una bottiglia (milioni di bottiglie) in più.