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[conversazione semiseria, più seria che semi, fra Cosimo Piovasco di Rondò e Franco Ziliani]

di Cosimo Piovasco di Rondò – I Beatnik e gli Hippie si sono impossessati di Mezzacorona. Una rivoluzione silenziosa, di cui per ora si sono accorti in pochi. Ma sono proprio le rivoluzioni silenziose quelle destinate a cambiare il mondo: perché quando te ne accorgi è già tutto accaduto. E’ come la pioggia di Borges: quando cade è già passato. E non c’è più niente da fare. Ti devi adeguare e punto.

L’altro giorno, mentre sfrucugliavo fra un’immagine e l’altra sullo streaming di Instagram, mi sono imbattuto in questa immagine, taggata con le chiavi #peace #love #wine. Era stata pubblicata da @mezzacoronawine, il profilo social in lingua inglese della cantinona rotaliana.

[a proposito e seriamente: complimenti per l’attitudine social che stanno dimostrando di avere i cooperatori rotaliani: disinvolti, contemporanei e ammiccanti. Da qualche settimana, fra l’altro, stanno sperimentando con efficacia i nuovi media anche in lingua italiana. Una lezione per il sonnacchioso mondo del vino trentino]

Ma torniamo all’altro giorno. Mi si è aperto il cuore. E mi è scesa una lacrima sul viso. Quando ho visto scorrere quella foto. Basta poco, a volte, per fare pace con un vino. A me sono bastate quella immagine e quelle parole. Ho chiuso gli occhi e d’un tratto il più bel giardino vitato d’Europa si è trasformato nel palcoscenico colorato di un’immensa Woodstock teroldegara. Fra i filari ho visto germogliare gigantesche piante di marijuana dai sentori di lampone e fragoline di boscola Cittadella del Vino diventava il teatro allucinato di una Comune Psichedelica, sul palco del PalaRotari vedevo sfilare Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti, Jack Kerouak. Anche John Lennon faceva una fugace apparizione sulle note di Imagine. La Peace & Love generation mi sfilava tutta davanti agli occhi e nel cuore, mentre mi ronzavano nelle orecchie i segreti di Ummagumma. Un sogno bellissimo e coloratissimo, che spalancava le porte al mio primo orgasmo al Teroldego. Quasi un’esplosiva esperienza adolescenziale.

Ci vuole poco, a volte, a far pace con un vino. E con i suoi padroni. Anche quando li hai combattuti per una vita. Lo prometto: d’ora in poi sarò più buono con gli Hippie rotaliani e con i vini beat mezzacoronari. Dal Flavio in su (e anche in giù). Ma loro promettano veramente, e pubblicamente, che da domani cercheranno in ogni modo di interpretare enologicamente, e politicamente, i sogni e le allucinazioni dei Figli dei Fiori. Ed io, e questo blog insieme, saremo al loro fianco. Senza se. E senza ma. E, soprattutto, senza paura.

Cosimo Piovasco di Rondò

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Mezzacorona e Rotari: già mi piacevano poco, se diventano hippie ancora meno

di Franco Ziliani – Caro Cosimo, lo so che spezzerò il tuo cuore molto sessantottino intenerito da questa campagna social della potente cooperativa, ma a me, che sono notoriamente un bieco reazionario, questa calata dei Beatnik e degli Hippie a Mezzacorona e Rotari, la cittadella del Trento Doc da milioni di bottiglie (peccato che siano a malapena un solo milione), sembra solo una triste e patetica trovata nemmeno di marketing, ma bassamente pubblicitaria. Altro che orgasmo al Teroldego, o al Flavio. Qui mi sembra che assecondando la via del politicamente corretto, perché tale è oggi agitare la bandiera della pace, dichiararsi pacificisti, no war e no Tav, e magari fingersi nostalgici dell’epoca di Woodstock e dei figli dei fiori – Che bello, due amici una chitarra e lo spinello e una ragazza giusta che ci sta, cantava illo tempore Stefano Rosso, (nomen omen) – si percorra un marketing più furbetto che emozionale e si cerchi di far dimenticare soprattutto una qualità dei vini che comunque la si guardi lascia decisamente a desiderare. Ma quale Woodstock teroldegara o trendocchista, dopo essere stata sino all’altro ieri talentista! Siamo, e tu lo sei Cosimo, seri! Qui sull’immaginario palco del PalaRotari non sfila nessun Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti, Jack Kerouak. E nemmeno John Lennon, al massimo vedrai sfilare il grande “boss” (oggi pensionato, ma lo sarà davvero?) Fabio Rizzoli, il di lui figlio (manager mezzoronaro in perfetto stile nepotista) qualche altro grigio burocrate e funzionario cooperativo. Niente colori sgargianti, niente peace, love o wine: il solito modo, oggi utilizzato via social network, di badare a fare schei, spacciando un’idea del vino, variopinta, allegra, felice, naturale – davvero da fare l’amore e non fare la guerra, su questo siamo completamente d’accordo – che non è la loro, che alla “cantinona rotaliana” come la chiami tu, non appartiene… 

Franco Ziliani 

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