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Mi permetto – posso permettermelo ? – questo off topic, off fino ad un certo punto, per pubblicare questa breve lettera – comunicato stampa, firmato dal compagno Marco Battisti, nipote del martire socialista Cesare Battisti.

Ci sono questioni di cuore e di fede e, perché no, di ideologia che vanno oltre il vino. Per fortuna vanno oltre il vino e le nostre piccole dispute enoiche.

PER LE MANIFESTAZIONI PROMOSSE DAL COMUNE DI BRENTONICO TRA IL 16 E IL 18 OTTOBRE 2015 NEL “Centenario dell’entrata a Brentonico del Regio Esercito Italiano” CHE COINVOLGONO IN MODO IMPORTANTE LA FIGURA DI CESARE BATTISTI, E’ STATO CHIESTO AL NIPOTE MARCO BATTISTI DI PARTECIPARE AGLI EVENTI.  IMPOSSIBILITATO AD INTERVENIRE PER LA SUA ATTUALE ATTIVITA’ IN MOZAMBICO, HA TENUTO A MANIFESTARE PIENA ADESIONE IDEALE ALL’INIZIATIVA CON UN IMPORTANTE MESSAGGIO INVIATO ALL’ASSESSORE ALLA CULTURA DI BRENTONICO QUINTO CANALI ATTRAVERSO L’AMICO E COMPAGNO DI FEDE POLITICA NICOLA ZOLLER. RIPORTIAMO DI SEGUITO IL TESTO DEL MESSAGGIO ED IN CALCE IOL CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI DI BRENTONICO

 

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Messaggio di Marco Battisti

AL COMUNE DI BRENTONICO

Gentile Assessore alla cultura,

attraverso l’amico Nicola Zoller, la ringrazio per il cortese invito a partecipare alle Manifestazioni per il Centenario dell’Entrata a Brentonico del Regio Esercito Italiano e le sono grato per il rilievo che, in questo evento, viene dato alla figura di Cesare Battisti.

Purtroppo non mi è possibile partecipare, perché mi trovo in Mozambico, paese al quale sono legato fin dai tempi della guerra anticoloniale di liberazione.

Se me lo consente, vorrei tuttavia esprimere alcune note e riflessioni sulla grande guerra, così come li ho appresi dalla nonna Ernesta.

La prima nota si riferisce ad una ordinanza emessa dal comandante della difesa del Tirolo, in data 9 giugno 1916, con l’intento di intimidire e terrorizzare la popolazione di Brentonico. Essa dice: “Come risulta da informazioni, la popolazione del circondario di Brentonico fraternizza col nemico, tradisce le nostre pattuglie e trattiene come ostaggi uomini e donne fedeli all’imperatore. Per questo motivo io ordino che il paese di Brentonico deve venire immediatamente distrutto a mezzo d’artiglieria”.  Tale ordinanza è custodita presso il Museo Storico di Trento.

Inserisco qui un inciso: il 20 settembre 1870 successe che i cittadini di Trento, “appresa la notizia della presa di Roma da parte bersaglieri italiani, festeggiassero l’avvenimento per le vie della città, con la banda in testa, al grido di Viva Roma, capitale d’Italia”. Il documento si trova presso la Biblioteca Comunale di Trento.

Dunque, a differenza di quanto si vuol far credere oggi, il sentimento di “italico cuore, italica mente, italica lingua” (parole dell’Inno al Trentino, scritto da Ernesta Bittanti Battisti) era presente e diffuso in tutto il Trentino. Quando il 26 giugno 1911, si svolse a Trento il Convegno delle bande musicali del Trentino, alla fine della giornata, in una piazza stracolma di persone, diciotto bande intonarono insieme l’Inno al Trentino, e sola -quella della Val di Sole- non volle partecipare.

Nel corso del Risorgimento italiano sono centinaia e centinaia i trentini, delle città e delle valli, che parteciparono da volontari alle guerre di Indipendenza e vestirono la camicia rossa di Garibaldi.

Nel 1906 fu inaugurato a Trento il monumento a Dante, simbolo della lingua italiana e dell’italianità del Trentino, costruito grazie alle spicciole donazioni di migliaia di trentini. Le fotografie ci mostrano una piazza fitta di gente, sotto l’ombrello ripararsi dalla pioggia. In quegli anni, Trento contava poco più di 30.000 abitanti.

Nel 1911, Cesare Battisti fu eletto a Trento deputato al parlamento di Vienna, battendo il candidato del partito popolare di Degasperi, partito ligio all’Imperatore.

Molti studiosi si stupiscono nel vedere come il Trentino del XIX e XX secolo, inserito da secoli nel poderoso mondo tedesco, avesse preservato il suo carattere latino e la sua vicinanza ideale all’Italia.

Cesare Battisti, fondatore del partito socialista, riformista e pacifista, intraprese nel 1901 l’iniziativa politica centrale della sua vita: conquistare l’autonomia del Trentino nell’ambito di una confederazione democratica delle dieci diverse nazionalità che facevano parte dell’Impero Asburgico. Era questo anche l’obiettivo del partito socialdemocratico austriaco che mirava alla trasformazione dell’Austria in uno Stato democratico federato delle diverse nazionalità. Patria e socialismo erano strettamente saldati: si voleva veder riconosciuto il diritto di ogni nazionalità ad una propria patria e a tutti i cittadini la democrazia, la libertà, la giustizia sociale.

Questo sogno svanì quando il partito socialista austriaco votò i finanziamenti all’esercito imperiale, dando quindi un implicito consenso alla dichiarazione di guerra e le lettere di Cesare Battisti alle moglie, rivelano tutta l’angoscia per una guerra da lui non predicata e non voluta, ma ormai inesorabilmente vicina.

Verso la fine della sanguinosa guerra, dopo la morte Francesco Giuseppe, il nuovo imperatore Carlo d’Asburgo fece sua la vecchia proposta socialista con un “Manifesto imperiale” che proponeva la costituzione di una “libera confederazione dei popoli”. Ma il tempo degli Asburgo era ormai finito: ancora prima che la guerra fosse terminata, cecoslovacchi, serbo-croati-sloveni e polacchi avevano proclamato la propria indipendenza e immediatamente dopo furono create la repubblica austriaca e quelle ungherese: il volto dell’Europa era completamente cambiato.

Sulla grande guerra sono stati scritti centinaia di volumi e gli storici concordano sul fatto che la guerra sia stata massimamente voluta dalla Germania e dal suo alleato Austroungarico. La Germania, che ambiva a diventare una grande potenza politica ed economica, e l’Austria minacciata dalla disgregazione del suo impero sempre meno controllabile e decisa a impadronirsi dei Balcani.

Alla dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia, con il consenso pieno della Germania, era ormai certo che la guerra sarebbe stato mondiale e Cesare Battisti passò in Italia per promuovere l’intervento militare italiano e quindi arruolarsi come soldato semplice negli Alpini. Fu un traditore?  Non certo dei suoi ideali di patria, di giustizia e libertà. E peraltro, quando ci si trova in una situazione di crisi ed una delle parti ha deciso di usare la violenza, c’è un solo modo per fermarla: usare una violenza contraria. Sei pacifista, certo, ma se qualcuno ti fa la guerra non puoi aspettare che anche lui diventi pacifista.

Ho seguito dal Mozambico gli articoli apparsi sulla stampa trentina e, in estate, ho visitato mostre sulla Grande Guerra che mi hanno stupito. Nelle mostre si fa ampia esposizione di reperti militari, gavette di soldati, orribili macelli, sangue e cadaveri dilaniati ma non si fa menzione delle cause che hanno provocato la guerra, dello scenario politico e economico sui quali si erano generati i conflitti e le alleanze: si mostra insomma un cumulo di atrocità, delle quali non si cerca la ragione. All’uscita da una mostra, alcuni villeggianti si interrogavano: ma chi ha provocato questa guerra? Molti articoli si sono invece sbizzarriti a inventare identità, a disquisire su tradimenti dell’Italia piuttosto che di Cesare Battisti, a eccitare emozioni, senza avere avuto la pazienza di studiare la storia.

Io mi sono fatto l’idea che negli anni del conflitto sia penetrato nel profondo delle coscienza dei soldati e del popolo il concetto di patria, e quindi trovo che la vostre manifestazioni sull’ingresso dell’esercito italiano a Brentonico sia un momento importante, alto e nobile.

Un importante storico della grande guerra, Mario Isnenghi, così scrive: “Era meglio non farla la guerra? Ma se proprio si deve fare, è meglio vincerla che perderla. Senza dovercene vergognare”.

Grazie ancora per la vostra cortesia.

Marco Battisti

Maputo, 15.10.2015