Anfore per il vino e calzari di cuoio: alle volte sembra di essere tornati nell’antica Roma. Non vedo all’orizzonte un Ottaviano Augusto, ma mica si può avere tutto.
In ogni caso siamo nel terzo millennio e queste anfore 2.0 non vogliono essere chiamate anfore, ma Clayver: un calembour tra Clay, argilla, e clever, intelligente.
Si tratta di contenitori sferici (da 40, 250, 350 e 400 litri) prodotti in un materiale ceramico: un gres che consente al vino di respirare ma è meno poroso della terracotta e quindi riduce le perdite di vino, che con la terracotta possono arrivare anche al 30%; inoltre è molto più resistente. È anche meno poroso del legno e quindi consente/richiede tempi di affinamento più lunghi.
Non cede sostanze aromatiche al vino come fa il legno, e questo è un vantaggio o uno svantaggio a seconda del tipo di risultato che si vuole ottenere. Per esempio può essere molto interessante per vini bianchi, come le basi champagne, che necessitano un affinamento abbastanza lungo ma non devono assumere sentori di legno: normalmente per ottenere questo risultato si utilizzano delle barriques “vecchie” che quindi non cedono aromi. Il Clayver può essere una alternativa interessante in questi casi.
L’azienda è di Vado Ligure (SV) e ha parecchi clienti, tra cui si contano anche alcuni produttori di metodo classico (ad esempio, della Franciacorta). Fra i trentini, Pojer e Sandri è stata un’azienda tra i pionieri/sperimentatori nell’utilizzo di questo prodotto.
Abbiamo assaggiato sette vini prodotti con il Clayver. I più stimolanti sono il sesto e il settimo, e vedremo perché.

1. Tenuta Ripa Alta – Il mio Fiano 2015 (Fiano, 7 mesi Clayver). Un Fiano un po’ atipico, molto aromatico, color giallo oro, sentori di frutti maturi (mango, melone). Ampio, armonico
2. Chateau Pibarnon – Rosé Nuances 2014 (Mourvedre, 12 mesi Clayver). Color buccia di cipolla, naso complesso, chinotto, idrocarburi. Minerale, piacevole, una nota tannica
3. Candialle – Mimas 2014 (Sangiovese, 12 mesi Clayver). Prugna e amarena. Molto interessante ma un po’ troppo tannico e acido.
4. Casaltrinità – Dolium 2013 (Nero di Troia, 12 mesi clayver e 6 mesi cemento). Profumo pieno, maturo, marmellata, prugna. Morbido e caldo in bocca, armonico.
5. Villa Raiano – Irpinia Campi Taurasini 2012 (Aglianico, 12 mesi clayver e 12 mesi acciaio). Molto varietale, frutti rossi, un po’ piccante sul finale, con tannini ancora non del tutto domati.
6. Antoine Touton & Fredi Torres – Montsant DO – Velles Vinyes de La Deva 2014. Questo vino c’è stato offerto in doppia versione, affinato in barrique e affinato in Clayver
affinato in barrique: frutti rossi, marmellata. Il legno si sente distintamente. Caldo e avvolgente in bocca, si avvertono note dolci o pseudo-dolci.
affinato in Clayver: profumi e sapori sono più definiti del precedente, meno attutiti dal legno che li avvolge e li lega. Meno presente la marmellata al naso, più fresco al gusto, con qualche nota tannica che nell’altro era assente.

Sette ottimi vini, un po’ a macchia di leopardo (né una verticale né un’orizzontale, una “diagonale”, l’ha definita il nostro ospite) ma che danno un’idea della versatilità d’impiego di questi contenitori.


Comunicato stampa 11 luglio 2016

CLAYVER: QUADRUPLICATA LA PRODUZIONE

Successo crescente per il contenitore ceramico studiato espressamente per la vinificazione. Pronto un nuovo impianto per soddisfare le richieste dall’estero

È entrato in funzione in questi giorni nella sede di Vado Ligure (Savona) il nuovo impianto per la produzione di Clayver, l’innovativo contenitore di forma sferica in gres porcellanato per la vinificazione e l’affinamento del vino. Le dimensioni del forno per la cottura della ceramica e organizzazione del processo produttivo permetteranno una produzione quattro volte superiore a quella attuale.
Giunto sul mercato nel 2014 dopo una lunga fase di studio e sperimentazione, Clayver si sta diffondendo rapidamente tra le aziende vitivinicole. Ad oggi viene utilizzato da 105 produttori, tra Italia ed estero. Nei primi mesi del 2016 gli ordinativi hanno segnato un +50% rispetto all’anno precedente, rendendo necessaria una nuova rete distributiva in grado di rispondere alle numerose richieste arrivate da Stati Uniti, Canada, Australia e Sud Africa.
Il fattore chiave del successo di Clayver è da ricercare nel materiale con cui è costruito, un particolare gres lavorato secondo un procedimento ideato e messo a punto dall’azienda savonese. Il materiale che ne deriva risulta essere molto più performante della terracotta, resistente agli urti e impermeabile, senza i problemi di assorbimento e di perdita di prodotto tipici dell’argilla. Un materiale dotato di una microporosità che permette uno scambio gassoso con l’esterno, molto più ridotto rispetto al legno, ma che consente comunque un’evoluzione nel vino, con il vantaggio di non avere nessuna cessione di sostanze aromatiche.
“Clayver è stata una scommessa che da amanti del vino abbiamo voluto lanciare – spiega Luca Risso, responsabile ricerca e sviluppo di Clayver – e che sentiamo già di aver vinto solo per il fatto che chi ha comprato i nostri contenitori ora ce ne chiede altri. All’assaggio i vini vinificati in Clayver rispetto a quelli che hanno fatto passaggio in barrique, per esempio, si distinguono perchè i profumi e i sapori emergono in modo più netto, liberi dagli aromi tipici del legno. Il vino sembra tirar fuori una diversa personalità. Per noi non poteva esserci miglior risposta, ora ci stiamo strutturando per far fronte a una crescente richiesta da parte del mercato”.
Tutte le informazioni sul sito www.clayver.it