Il TTIP non si farà, almeno nel breve: ed è un bene. Le maglie larghe dei controlli americani promettono libertà, troppa, lasciando spazio a prodotti di cui è bene diffidare. Ci terremo i nostri amati controlli europei, che rassicurano e proteggono. Già: ma chi proteggono, e da che cosa?

Prendiamo i PIWI, le pilz-widerstandsfähigen Rebsorten, cioè i vitigni resistenti ai funghi. Non molti anni fa, forse tre o quattro, un enologo mi mostrava una coltivazione sperimentale di PIWI e mi diceva: “Vede queste viti? Sono cinque anni che non facciamo loro un trattamento, richiedono meno cura di una pianta di cachi e danno un vino ottimo. Ma non si può produrlo” “Perché?” “Perché le regole europee lo negano. Sono soprattutto Italia e Francia a opporsi“.

Vedete, la superficie vitata in Europa è circa il 3% e consuma circa il 65% dei fungicidi. Qualche maligno sostiene che è per via delle pressioni dell’industria dei fitofarmaci che i PIWI vengono osteggiati: ma si tratta solo di un maligno, e io non ci credo.

Nel frattempo, alcune aziende hanno provato a produrre vino da questi vitigni. A volte sono state anche sanzionate per aver voluto innovare.
Torniamo al TTIP: stretti tra due narrazioni che ci promettono l’una la massima libertà e la minima sicurezza, l’altra la massima staticità e il massimo controllo, rimaniamo con i nostri dubbi.
E nel frattempo, spinti dal mercato e dalle strategie imposte dai grandi player che vi operano, continuiamo a produrre pinot grigio a rese sempre più alte, e a scontare i danni della peronospora.