Oggi mi dedico un po’ all’autocritica. E’un esercizio che fa sempre bene. A tutti. Le considerazioni di quel grande maestro del vino, e di tanto altro,  che è Angelo Gaja (vedi post precedente) a proposito del frastuono, di parole e di comunicazione, che circonda il mondo del vino, mi hanno fatto venire in mente un brano di Milan Kundera (L’insostenibile leggerezza delle essere, mi pare…). Troppe parole, appunto. Troppe parole nella vita e troppe parole attorno al vino. Tutti siamo dei grandi scrittori, tutti siamo dei grandi giornalisti del vino, tutti siamo dei grandi blogger del vino… . Ma la vita, e il vino, alla fine dove sono? E dove vanno a finire? Così rischiamo di precipitare nell’autoreferenzialità e rischiamo di scrivere per noi stessi, perdendo di vista sia la vita che il vino.

Posto qui la citazione letterale e letteraria:

<<… L’incontenibile aumento della grafomania tra uomini politici, autisti di taxi, partorienti, amanti, assassini, ladri, prostitute, prefetti, medici e pazienti, mi dimostra che ogni uomo, senza eccezione, porta in sé lo scrittore come una sua potenzialità, tanto che tutta la specie umana potrebbe a buon diritto scendere per strada e gridare: Noi siamo tutti scrittori! Tutti, infatti, soffrono all’idea di scomparire senza essere stati visti né uditi in un universo indifferente e per questo vogliono, finché sono in tempo, trasformare se stessi nel proprio universo di parole … >>.