Probabilmente il vino non tira più. Anzi di sicuro non tira più. Ce lo spiegava l’altro giorno anche una ricerca Nielsen commissionata da Federvini: in cinque anni si sono persi più di un milione di consumatori di bevande alcoliche. Il vino, da solo, ha fatto segnare un – 5 %. E dev’essere vero.

Ieri ho ricevuto l’invito a partecipare alla manifestazione “Baldo Speziale“, evento in calendario il prossimo fine settimana, organizzato  all’interno del contenitore Parco Naturale Locale del Monte Baldo. Fra mercatini di zafferano, cosmetici ed erbe aromatiche, iniziative culturali, animazioni e menù gastronomici, scorrendo la colorata brochure illustrativa non ho rinvenuto alcun accenno, all’unica economia agricola che produce reddito e valore nei territori che aderiscono a questo contenitore.

Occhio e croce, e prudenzialmente, il valore della produzione viticola, e mi riferisco solo ai ricavi derivanti dalla vendita delle uve, nei tre comuni vocati (Mori, Avio e Brentonico), che aderiscono al Parco, si aggira attorno ai 20 milioni di euro. Eppure, in questa manifestazione il cui focus è centrato sulla coltivazione della terra baldense, non si fa cenno  al vino. Nessun momento dedicato, nessuna azione promozionale, nessun dibattito. Nemmeno per dire che la viticoltura convenzionale fa schifo. Solo nel menù di uno dei nove ristoranti aderenti al circuito, viene specificato l’abbinamento con un Marzemino di Isera.  Mentre in un altro si evoca una selezione di vini in abbinamento e in altro ancora una generica degustazione di vini. Tanto vale dedicarsi al Freschiello o al Tavernello. O all’Ottobrino.

Deduco, anche da queste cose, che il vino non tira più.

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