(immagine by cembranidoc)  – Il tema di questa settimana della rubrica La Provincia informa è: la biodiversità biologica, di ecosistema, di specie e di genere raccontata attraverso le voci dei protagonisti della prima Giornata della Biodiversità del #Trentino.
Si narra di un ‘agricoltura diversa, eroica, quasi quasi ferma nel tempo: il cavallo che ara, le vacche grigio alpine, il miele di montagna, il formaggio, il recupero dei cereali, i semi di fagioli, la contrarietà a prescindere alla chimica ed anche alla ricerca e naturalmente neanche parlarne di alimenti OGM.
E fa anche piacere apprendere che nel cuore e nella passione di alcune persone permane questo tipo di agricoltura che contribuisce a dare, senza dubbio, l’idea di un Trentino e dei suoi prodotti salubri.

Ma io da agricoltore mi chiedo: si può ancora vivere di un agricoltura così?

Felice di essere smentito, ma penso proprio di no; bisogna essere realisti, in montagna forse servirà per arrotondare, per integrare il reddito, ma per mantenere nel tempo un’impresa competitiva credo proprio di no, ma ripeto sarei felice di essere smentito.

Può per contro, mi chiedo, un’impresa agricola contribuire a un Trentino più salubre, più biodiverso?

Questo sì, lo credo.
Come?
Cambiando la mentalità di noi agricoltori.

Siamo abituati infatti a lavorare i nostri vigneti/frutteti come veri e propri campi da golf, tutto pulito, tutto in ordine, ed invece dovremo imparare a lasciar crescere anche qualche filo d’erba, qualche pianta spontanea in modo che possa convivere con le viti anche qualche animale selvatico, e magari favorire la presenza di fauna utile incentivando la posa nei campi di casette per uccelli insettivori, in rete ci sono un infinità di esempi da copiare per soddisfare qualsiasi esigenza, come pure interessante sarebbe la posa nei campi dei “Bug Hotel“.

Io capisco che questi discorsi possono suscitare l’ilarità in qualcuno, ma sono altrettanto convinto che se messi in pratica questi esempi contribuirebbero a dimostrare che noi agricoltori siamo più attenti e rispettosi della natura di quel che possa sembrare, a far capire al cittadino che è anche nell’interesse primario dell’ agricoltore il vivere, il lavorare in un ambiente dove tutto è rivolto alla salubrità.

Ma per fare questo passo avremo bisogno appunto di un tutor di qualcuno che ci stimoli, che ci guidi, da soli non ne siamo capaci, così come penso sarebbe benefico che qualcuno ci consigli a sviluppare un modo più elegante di accogliere il turista, sia che esso si presenti in bicicletta, in camper o con qualsiasi altro mezzo,
perché esso rappresenta sempre e comunque un potenziale cliente dei nostri prodotti, o anche solo un ambasciatore e quindi andrebbe “coccolato” anche se questo comporta trattare i vigneti ad orari insoliti pur di lasciarlo circolare liberamente tra i nostri campi, ma mi permetto di insistere: noi contadini non nasciamo imparati, abbiamo bisogno di aiuto.
Io credo che ne valga la pena.