E’ dura, e non la invidio, la vita di chi lavora in un Ufficio Stampa. Soprattutto quando le cose non vanno bene. Perché in quel caso o hai talento e ti viene l’intuizione giusta, la genialata che sposta l’attenzione da un’altra parte e te la cavi alla grande. Ma per farlo devi essere davvero un figo. O sei costretto ad arrabattarti con le parole e gli argomenti in un pericoloso esercizio equilibristico, che alla fine ti fa assomigliare ad una mosca imprigionata nella ragnatela. E di solito la mosca finisce male. Della serie che la pezza, a volte, finisce per essere peggiore del buco.
Il comunicato stampa diramato da Consorzio Vini del Trentino ieri, appartiene inequivocabilmente alla seconda casistica: quella del buco e della pezza.

Per questo, oggi, provo a farne una parafrasi critica; chissà che non serva a qualcuno, per capire meglio come stanno le cose.

Il Consiglio di Amministrazione del Consorzio Vini del Trentino si è riunito in data 3 agosto per analizzare quanto accaduto nelle ultime settimane sia rispetto al processo di certificazione sia rispetto all’andamento anomalo della stagione vitivinicola. Anche alla luce delle diverse posizioni emerse negli organi di stampa, si ritiene opportuno comunicare in maniera univoca e concorde la posizione del Consorzio.

Dunque: due terzi dei viticoltori sono usciti dal sistema di certificazione.  Ma la colpa sarebbe dei giornali (e dei blog). Mi perdoni, egregio collega, ma non è la stampa ad aver rappresentato artificiosamente “diverse posizioni”, semmai è Consorzio Vini a non essersi accorto della profonda frattura che si è aperta nella vitivinicoltura trentina. Forse in CVT si vive su Marte. Anziché in Trentino.

In primis va detto che siamo in presenza di una stagione agricola di assoluta eccezionalità. Il grave problema della peronospora è un fenomeno che va letto sotto molteplici aspetti e non può essere ricondotto univocamente ad uno o due fattori. Francia, Spagna e Germania e più in generale tutte le zone vitivinicole europee stanno soffrendo fortemente, a prescindere da protocolli di difesa, principi attivi o trattamenti vari.

Quando si invoca il detto “mal comune – ammesso che sia davvero comune – mezzo gaudio”, di solito si è già arrivati alla frutta. Dopo non resta che il suicidio (intellettuale, si intende)

E questo è il primo dato di fatto oggettivo. Non esistono quindi panacee che funzionino per tutte le situazioni. Servono piuttosto studi, valutazioni caso per caso, prove sul campo ed approfondimenti, non giudizi affrettati e soprattutto bisogna trarre le conclusioni a fine vendemmia e non prima.

Contadini, state tranquilli: i dotti, i medici e i sapienti sono già al lavoro attorno al vostro capezzale per valutare, approfondire, studiare. Senza fretta.

Sarà in questo senso cura del Consorzio, di concerto con la Provincia autonoma di Trento, sollecitare con forza la Fondazione E.M. ad approfondire le varie tematiche, proponendo sessioni dedicate e studio di metodologie e pratiche sul campo.

Ecco sì, la FEM, giusto quella. Augurandosi che non sia impegnata a studiare il battito vibrazionale delle ali  dei moscerini.

Va poi evidenziata l’errata informazione che ha confuso il Protocollo di difesa e la Certificazione SQNPI, che sono invece cose differenti.

Ma confuso, caro collega, ci sarà lei! Qui tutti hanno ben presente la differenza fra il protocollo integrato (che va difeso e semmai reso ancora più rigoroso) e l’inutile e  disastrosa Ape Maia (che il Trentino farebbe bene a dimenticare per sempre).

Un conto è il Protocollo di difesa, che certamente è un processo condiviso da tutti i viticoltori ed – è bene ribadirlo – a cui tutti si sono attenuti, che è il risultato di un più che ventennale processo di selezione di prodotti e metodiche più salubri ed attente al territorio, agli agricoltori ed alla popolazione nel suo complesso. Questo non significa che il Protocollo sia immutabile, tanto è vero che nel corso degli anni si è modificato integrandolo con nuovi prodotti ed eliminandone altri ritenuti dall’Istituto Superiore di Sanità meno sicuri.

Dall’Istituto Superiore di Sanità o da un medico-filosofo  che sogna la conversione al biologico come orizzonte naturale per tutto l’arco alpino?

Altra cosa è il processo di Certificazione SQNPI che intende valorizzare e promuovere tutta l’opera meritoria attuata dagli agricoltori Trentini attraverso l’attuazione del Protocollo stesso.

Cosa valorizza l’Ape Maia? Il bollino SQPNI, lo si dica apertamente una volta per tutte, non è uno strumento di valorizzazione della filiera agricola, ma uno strumento di marketing, per offrire soluzioni low a consumatori attratti da una vaga idea di sostenibilità alimentare.  Tanto che, mi pare, meno dell’1 % della superficie agricola italiana ad oggi ha chiesto di farne parte. Richiesta non pervenuta, naturalmente, dall’Alto Adige. E nemmeno dalla Valle d’Aosta, dalla Liguria. E guarda un po’ manco dalla Toscana, che pure, almeno sul vino qualcosa da dire ce l’ha. Mi pare.

Sia il Protocollo che la sua successiva Certificazione SQNPI sono quindi il frutto di un processo condiviso da tutta la viticoltura trentina di cui il Consorzio Vini del Trentino è diretta emanazione. Quindi non è corretto parlare di imposizione alcuna. Numerose sono state le riunioni ed i confronti tra tutti gli attori coinvolti nel progetto: nulla è stato calato dall’alto.

Processo condiviso? Dove, su Marte o su Saturno?

La Certificazione è un processo volontario e le aziende, cooperative e private, che hanno deliberato l’adesione l’hanno fatto in maniera volontaria e con convinzione.

E infatti, per fortuna, volontariamente due terzi dei viticoltori trentini se ne sono andati via.

Va inoltre rimarcata la scelta unitaria del Consorzio Vini che intende perseguire l’obiettivo della Certificazione.

Unitaria? Due terzi dei viticoltori hanno detto “no”, e la scelta sarebbe unitaria? Scendere dal pero. Please.

La stessa scelta non viene messa in discussione in questo momento, ma viene anzi ribadita anche dalle realtà che hanno deciso per diverse sensibilità interne di rimandarla al prossimo anno. A prescindere quindi dalle scelte fatte dalle singole cantine di voler perfezionare il processo di Certificazione nell’anno in corso o di spostare la propria Certificazione al 2017, tutte all’unisono condividono la necessità e l’importanza del processo di Certificazione del SQNPI. La Certificazione va vista come una attenta risposta alle esigenti richieste dei consumatori che desiderano prodotti sempre più salubri e rispettosi della salute e dell’ambiente.

Quali consumatori? Quelli di Alibabà?

È quindi un processo virtuoso che qualifica un intero territorio ed il suo prodotto.

E’ così virtuoso, il processo, che mette indistintamente sotto lo stesso cappello tutti i protocolli integrati locali, fra loro, invece, molto differenti.

A seguito dei risultati della vendemmia, si riunirà poi la Commissione Protocollo per le valutazioni tecniche e le verifiche del caso, soprattutto per valutare eventuali le opportune modifiche e/o integrazioni della difesa sulla base delle indicazioni dei test effettuati e dell’Istituto Superiore di Sanità con il quale in Consorzio collabora dal 2015.

Ma il Consorzio collabora solo con l’Istituto Superiore di Sanità o anche con un autorevole medico del lavoro di orientamento filosofico nutraceutico?

Il Consorzio, coerentemente ai propri obiettivi, procederà quindi ora con quanto previsto dalle procedure di verifica da parte dell’Ente certificatore individuato (CSQA di Thiene) con tutte realtà che hanno confermato l’adesione (2537 viticoltori in totale) per la vendemmia 2016 e nel contempo continuerà la preparazione tecnica ed il supporto alle altre realtà che hanno fatto la scelta diversa in vista della certificazione 2017.

Finalmente è finita. Qui. Finalmente.