Ho voluto andarci subito, fin dalla prima ora, sabato 24 alle 18 in Vicolo della Storta 1 a Trento per la riapertura della Torre del Massarello. Non solo per un doveroso omaggio al cardinale segretario del Concilio tridentino che l’abitò in quegli anni lasciandole il nome (nome che io stesso mi presi per un po’), ma soprattutto per nostalgia del sito essendoci stata lì per alcuni anni l’organizzazione interprofessionale dei vitivinicoli trentini. Una sede un po’ scomoda, ma di grande prestigio e ben adatta a interpretare sia la difesa delle nostre denominazioni che l’attacco ai competitor. Era la roccaforte di Domenichelli, il re dei trasporti che aveva progettato l’Arcoporto non fiutando che il vento per un certo immobiliarismo stava cambiando, cosicché dovette subaffittare all’Istituto del Vino la parte centrale e sommitale della Torre. Peraltro magistralmente restaurata dall’architetto Giovanazzi.
Ora, un’altra eccellente architetta, Maddalena Tomasi, le ha dato nuova vita e personalità su incarico di un gruppo di imprenditori altoatesini e trentini che per ora preferiscono restare defilati. L’obiettivo è stato quello di aprire una Bierstube con Ristorante, operazione coraggiosa in una città non esattamente attraversata da fervore imprenditoriale, ma certo tempestiva sia per il nuovo sentire di buona parte della cittadinanza, sia e soprattutto per le esigenze dei 16 mila che costituiscono la popolazione universitaria. Noncuranti del Pedavena e del Forst, il focus è riacceso sulla birra. Artigianale. Segno dei tempi, si dirà, ma per noi del vino (industriale) è un piccolo colpo allo stomaco, anche se per rispetto dei conservatori il menù della cucina tipica a km 0 (o quasi) propone l’abbinamento anche con 9 vini (a bicchiere o bottiglia) di Luigi Zanini di Mezzolombardo. Due Teroldeghi, un Marzemino e un Lagrein fra i rossi, un Müller, uno Chardonnay, un Gewürztraminer e un Pinot grigio fra i bianchi, tutti DOC, con un Passito di chiusura.
Una prima impressione positiva, a giudicare dall’affollamento iniziale diviso fra semplici curiosi e altri determinati che dopo mezz’ora già assaporavano la cucina trentino-tirolese. Una seconda impressione, o meglio una riflessione, che potremo riprendere dopo l’inaugurazione ufficiale annunciata per metà ottobre, viene spontanea: visto che questa novità si chiama Roccaforte Trentina e che questa confina fisicamente con il Roccabruna, enoteca provinciale, il confronto è obbligato. Una struttura privata che alla collettività non è costata un centesimo contro una pubblica che ci è costata una cifra; una che ostenta il cognome Trentina contro un’altra che si chiama Palazzo; una che se la gioca con la birra bevanda emergente, ma non tradizionale e l’altra col vino (e dintorni) che improvvisamente sembrano in deficit d’attualità; una aperta quasi sempre, l’altra aperta quasi mai; una che promette guadagni, l’altra che garantisce costi, una che dimostra d’avere una strategia, l’altra … insomma, ci sarà da divertirsi. Prosit!
PS: se vorrete sapere tutto della passata Torre del Massarello e sul futuro della Roccaforte Trentina rivolgetevi a Eleonora che fa relazioni esterne. Quasi come al Roccabruna.