Dunque, la notizia è questa: sabato 29 aprile, in apertura di Trento Film Festival, palazzo Roccabruna – Enoteca Provinciale, ospiterà dalle 14 alle 21 una maxi degustazione di vini di montagna. Attenzione, però, nel panel di assaggio ci saranno solo i vini dei vignaioli e per metà saranno vini dei vigneron alto atesini, perché, si legge nel comunicato stampa diffuso questa mattina dagli organizzatori, “la montagna coltivata non è mai una barriera, ma un ponte che collega gli uomini e le loro idee” .
Nessuno, credo, può rimproverarmi astiosità preconcette né nei confronti dei vignaioli – vedi le battaglie di questi giorni – né nei confronti dell’Alto Adige, che spesso cito come buon esempio di politiche identitarie e territoriali.  E quindi tanti complimenti a Lorenzo Cesconi e a Michael Goëss-Enzenberg – Manincor,  per essere riusciti a portare a casa un risultato come questo.
Qui il discorso, però, è un altro. Ma proprio un altro.
Intanto la scelta di escludere, in nome della montagna che unisce, le cantine sociali, quelli che io chiamo vignaioli collettivi, mi sembra umiliante e inutilmente punitiva. Ma non solo: anche priva di sostanza. Ma non lo sanno in Camera di Commercio che le cooperative da anni stanno lavorando su progetti speciali in montagna e alta collina. Mi vengono in mente, per citarne due che senz’altro fanno scuola, la Mori Colli Zugna con i suoi investimenti sulle pendici del Baldo (Pinot Nero – da campioni – , Lagrein, Mueller Thurgau, Chardonnay) e poi naturalmente la La Vis, che dei terrazzamenti cembrani ha fatto una bandiera. Ma dove sta la ratio di questa esclusione, che, ripeto, mi sembra barbaramente punitiva?
Poi la questione Alto Adige. Trento Film Festival è una delle poche vetrine internazionali che fanno notizia, vera, anche al di fuori dei nostri angusti confini provinciali e provincialotti. E Camera di Commercio cosa fa? Appalta metà di questa vetrina alle denominazioni extraterritoriali? Sarebbe come se a San Remo, in nome della musica che unisce, gli addobbi floreali dell’ultima serata fossero realizzati dai florovivaisti olandesi.
Ma quale demone colorato si è impossessato dei piani alti di Camera di Commercio di Trento? Chi è il regista di questa operazione senza capo né coda? Perché, d’accordo che farsi male da soli può pure capitare. Ma suicidarsi  in mondo visione (Trento Film  Festival), richiede  uno sforzo intellettuale che va al di sopra delle mie capacità di comprensione. Proverò a chiedere aiuto a Lacan. Per cercare di capire.