GRAPPOLO

A volte ci sono belle, e buone, notizie che mi scappano via. Si vede che ogni tanto mi distraggo.  Ma poi, per fortuna, ritornano. Come questa volta.
Lo scorso gennaio sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto di ammissione al Registro Nazionale delle Varietà di un’uva caratteristica della viticoltura trentina almeno fino all’Ottocento: il Negrone (Negrom). E’ strano che questa notizia, qualche mese fa, mi sia sfuggita; strano perché di solito sono attento a queste curiosità, che poi curiosità lo sono fino ad un certo punto; e strano perché sono sicuro – quasi – che una notizia come questa sia stata adeguatamente diffusa dall’attivissimo e produttivissimo Ufficio Stampa di FEM – FONDAZIONE EDMUND MACH; che poi è l’ente a cui si deve, grazie al lavoro dei suoi ricercatori e sperimentatori, questa operazione.
Comunque, poco importa: ora la buona novella dell’iscrizione nel Registro Nazionale del Negrom, in altri tempi diffuso principalmente in Valsugana e Vallagarina, per caso, mi è tornata sotto il naso. E quindi la rilancio.
Questo, in ordine di tempo, è l’ultimo passaggio di un impegno cominciato una ventina di anni fa dal Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione, mirato al recupero – e quindi alla conseguente iscrizione al Registro Nazionale – delle vecchie varietà che per secoli hanno composto il profilo ampelografico trentino.

IL FILARE

Un lavoro che nel 2002 ha portato al riconoscimento del Casetta e del Groppello di Revò, a cui sono seguite le iscrizioni del Lagarino e del Verdealbara (2007), e il Maor (2009), Paolina (2009), Saint Laurent (2011), Biancaccia (2013), Rossetta di Montagna (2013), e infine nel 2016, appunto, il Negrone.
Ad oggi, ammontano a dieci gli antichi vitigni recuperati da San Michele, custoditi nella collezione delle 25 varietà storiche del Trentino di Vigalzano. E qui faccio una parentesi. Il lavoro di Fem in questo settore, non ha, o non ha solo, un carattere di astratta ricerca o di omaggio alla memoria. È, al contrario, un’azione puntuale di valorizzazione ampelografica che ha l’ambizione di mettere a disposizione del territorio nuove – vecchie – opportunità. Opportunità che qualcuno ogni tanto ha colto. Mi viene in mente l’investimento che un paio di aziende, La Cadalora in Trentino e Albino Armani 1607 in Veneto, hanno fatto sul Casetta: vino che oggi gode di reputazione e di prestigiose quote di mercato, seppure di nicchia. Oppure la strepitosa vinificazione in forma di metodo classico fatta da Alfio Nicolodi sul Lagarino, varietà a cui si deve l’origine della tradizione trentina della rifermentazione in bottiglia. E ancora il vino da uve Rossara di Roberto Zeni e quello da Pavana di Francesco Poli e il Groppello del Zeremia. E ancora il Verdealbara che compare nel taglio del Trentatré di Vallarom e ancora il Lagarino Bianco che compare nella medesima referenza (Trentatré) di Salizzoni (la bottiglia raggruppa con diverse interpretazione i vignaioli territoriali, individuali e collettivi, trentini sotto il cappello di quella geniale e creativa agenzia di distribuzione, e non solo, che è Proposta Vini e del suo eclettico patron e regista, Gianpaolo Girardi, che è stato il primo a fornire una solida prospettiva commerciale a queste varietà). Questa breve carrellata, e mi scuso se ho dimenticato qualcuno, e senz’altro lo ho dimenticato, per dire che non sempre questi lavori pregevoli di Fem restano nel cassetto: talvolta diventano anche opportunità di impresa e occasione di scelte vitienologiche coerentemente e concretamente territoriali.

PIANTA

Ma ora torniamo al nostro Negrone che oramai da decenni è sparito dal campo vitato e tutt’al più, ma ci vuole molta di fortuna, lo si può ritrovare confuso fra qualche filare in alcuni vecchi vigneti della Valsugana. Da qualche anno, tuttavia, alcune aziende nella zona di Civezzano si sono impegnate in attività di recupero con risultati che sembrano incoraggianti. Non ho molte notizie su questa varietà storica e tradizionale, ma qualcosa sono riuscito a recuperare. E la condivido con il lettori di Trentino Wine.

 

ORIGINE, DIFFUSIONE E (MICRO)VINIFICAZIONE

Il Negrone è presente in Trentino da tempi immemorabili, non sembra però aver mai avuto una particolare diffusione: le zone storiche dove era maggiormente coltivato sono state la Valsugana e la Vallagarina. Di questo vitigno, in passato, si sono interessati alccuni studiosi: G.Acerbi 1825, Anonimo 1841, G. Rovasenda 1877, H. Goethe 1878, G.M Rauzi e F. Spagnolli, 1974.

 

Nel 2008, nel vigneto di Vigalzano i ricercatori della Fondazione hanno piantato un piccolo filare sperimentale: le barbatelle erano state ottenute dalle gemme raccolte in un piccolo vigneto di Civezzano (Azienda agricola Giorgio Dorigoni). A partire dal 2012 il vigneto è stato posto sotto osservazione e sono stati effettuati rilievi sul comportamento vegetativo e produttivo e sulla suscettibilità ai parassiti, con particolare riferimento a peronospora, oidio e botrite. Ne è stata monitorata la capacità produttiva, la fertilità delle gemme ed il numero dei grappoli, il grado zuccherino e l’acidità totale. E se ne sono ricavate numerose microvinificazioni. Il giudizio di chi le ha testate racconta di un vino che da giovane è ricco di aromi fruttati di bosco, mentre sottoposto a leggero invecchiamento accentua la nota speziata. Un vino con una media componente acida, di colore granato, di medio corpo e di media – bassa alcolicità. Con queste caratteristiche, emerse dai testi degustativi sulle micro di Fem, il Negron sembrerebbe prestarsi bene per la produzione di vini giovani e varietali e adatto, comunque, al taglio.

CARATTERISTICHE ED ATTITUDINI COLTURALI

Il vitigno presenta una buona vigoria, con epoca di germogliamento precoce, acino sferoidale con buccia di medio spessore e di color blu-nero. Presenta un grappolo lungo, conico, di media compattezza. Da abbondante e regolare produzione, presenta discreta sensibilità allo spacco dell’acino ed alla botrytis. La maturazione fisiologica è media, si situa in terza epoca (seconda metà di settembre); possiede una medio-bassa capacità d’accumulo di zuccheri e valori di acidità medi.

Non presenta anomalie, sopporta bene il freddo invernale e non mostra sensibilità particolare alla peronospora ed all’oidio. Preferisce potature medio-corte ed ha il primo germoglio. Si adatta molto bene a varie tipologie di terreni anche i meno dotati o poco profondi e ricchi di calcare attivo, preferisce terreni di collina di media fertilità.