Vicarius, la Cantina Sociale di Mori torna alle origini. E lo fa rilanciando il suo bordolese classico e agganciandolo all’esperienza storica e quindi territoriale – quella dei Quattro Vicariati -. Un nome, un’etichetta e una bottiglia completamente nuovi per un vino che gli appassionati conoscono già: il bordolese di Mori era stato lanciato negli anni settanta con il nome di Monte Albano Rosso, già allora un evidente richiamo alla territorialità. Poi negli anni ottanta, lo stesso bordolese, era diventato Rosso Reale. Da ieri questo nome è stato archiviato nella bottiglieria dell’azienda. E da oggi nei ristoranti e nelle enoteche sarà sostituito da Vicarius. Un bordolese, se vogliamo sui generis, solo Merlot e Cabernet Sauvignon (“Non abbiamo usato il Cabernet Franc ne il Carmenere per evitare il rischio di produrre sensazione troppo erbacee che potrebbero rendere meno elegante un vino come questo che non è un Super Tuscan, ma un tipico ed elegante Trentino Rosso”, hanno spiegato ieri mattina a Mori i vertici dell’azienda davanti agli agenti distributori e ai giornalisti). Insomma, per il bordolese quasi classico di Mori, un ritorno al progetto delle origini: legare il vino alla territorialità a partire dal nome e dall’etichetta. Così come si era fatto con la prima bottiglia di Monte Albano. Produzione, intendiamoci, tutto sommato limitata: 13 mila bottiglie collocate su una fascia di prezzo media, nove euro finiti franco cantina. Prezzo non insignificante ma tutto sommato in linea con la qualità e il pregio della bottiglia. Ieri, in anteprima, l’annata 2006, forse ancora acerba dopo gli adeguati 18 – 20 mesi di legno ma ancora troppo pochi di bottiglia. Un buon investimento da fare oggi e da lasciare in cantina almeno per altri sei mesi, al termine dei quali le promesse di oggi, di sicuro, saranno mantenute.