La cooperazione deve tornare alle origini e abbandonare “certe” velleità imprenditoriali. Ha scelto la platea inquieta dei soci della cantina di Avio (5 milioni di euro di perdite accumulati nel 2008 e guadagni per i soci falcidiati del 50 % nel giro di un anno), ha scelto questa sede, venerdi sera, Diego Schelfi, presidente della cooperazione trentina, per lanciare il suo monito: “Non mi tiro indietro anche nell’assumermi responsabilità di quello che è avvenuto in questi anni, ma da quello che è accaduto dobbiamo imparare: ora è arrivato il tempo di rimboccarsi le maniche ma soprattutto il tempo in cui le cooperative devono tornare a fare le cooperative, a coltivare il rapporto con i loro soci e con il territorio. E’ stato un errore immaginare immaginare di poter fare i grandi imprenditori in un mercato internazionale difficile ed esigente come quello del mercato del vino. La cooperazione deve tornare alle origini”. Parole che alla fine hanno fatto guadagnare a Schelfi, che per farsi sentire più vicino alla base dei cooperatori in qualche passaggio si è anche affidato alla forza comunicativa del dialetto, che gli ha fatto guadagnare, dicevamo, anche un buon applauso, l’unico, da parte degli oltre 500 soci presenti nella sala del teatro comunale. Soci che pure quest’anno con un ricavo di poco superiore ai 30 euro a quintale, si ritrovano ad aver lavorato quasi sotto costo e “solo per pagare le spese”. Il ragionamento dei vertici della cooperazione trentina, l’altra sera in Bassa Lagarina, è stato chiaro e la direttrice indicata altrettanto chiara: la funzione imprenditoriale vera e propria, in questo caso quella commerciale, non può che essere esercitata dal consorzio di secondo grado, ovvero da Cavit. Questa la ricetta. Poco prima, del resto, il presidente di Cavit, Adriano Orsi, aveva bocciato il sogno aviense del quarto polo trentino del vino: “Non era un sogno, è stata un avventura, ma ora è arrivato il tempo di chiudere la stagione degli avventurismi. Del resto io, forse perchè per queste cose ho un sesto senso, da presidente di Vivallis non aderii all’avventura di Athesia”. La conclusione dell’assemblea dei soci dell’altra sera, potrebbe dunque essere riassunta così: mano tesa da parte della cooperazione provinciale, banche comprese; la Rurale della Bassa Vallagarina – venerdì sera il presidente Primo Vicentini è salito sul palco per dare la notizia – ha già messo in campo uno strumento finanziario a tasso zero per andare incontro alle difficoltà congiunturali dei viticoltori locali. Mano tesa si, ma ad una condizione: le cantine sociali rientrino pienamente dentro l’orbita del consorzio di secondo grado e conferiscano tutto il loro prodotto a Cavit. “Perchè solo cosi – ha spiegato il direttore generale Enrico Zanoni – si potrà fare sistema, si potranno ridurre i costi e quindi lavorare sui ricavi. Questa è la sola via d’uscita che avete e che abbiamo”. Del resto il concetto lo aveva chiarito anche Schelfi poco prima: “Vedete, se la vostra cooperativa si fosse limitata a fare la cooperativa, avreste evitato di compiere errori come quelli commessi sul fronte della commercializzazione e non saremmo arrivati a questa situazione”. Gli errori: 5 milioni di perdite, di cui “un milione e mezzo per le difficoltà del mercato internazionale ma il resto legato alla commercializzazione attraverso Athesia e forse 800 mila euro di Iva che potevano essere risparmiati”. E ora per la cantina di Avio e per i suoi soci, dopo gli errori del passato, che sembrano ormai archiviati, la prospettiva è quella di una drastica cura dimagrante.