bicchiere pizzini

Non è la prima volta che ne parlo. Ma non mi stufo. E mi auguro non vi stufiate neppure voi, che ogni tanto mi leggete. Ma credo sia arrivato il tempo di pensare ad un bicchiere per il TRENTODOC. Sì, è arrivato il tempo. E non lo scrivo perché c’è chi questo bicchiere “magico” se lo è già inventato e ora sta aspettando che qualcuno, magari qualche istituzione trentodocchista, si faccia avanti per farlo suo. Il bicchiere c’è, punto. E non è un segreto. Buon senso vorrebbe che restasse in Trentino. E non finisse a Treviso o a Brescia. O in Russia.

Il fatto è che c’è bisogno di un’icona, di un’icona cristallina che dia forma anche plastica all’idea partecipata del TRENTODOC. Un bicchiere collettivo, in cui tutti si possano riconoscere, un bicchiere di tutti e per tutti, potrebbe essere quest’icona. Ce ne è bisogno non perché non c’è: i bicchieri aziendali ci sono. Ma ce ne è bisogno perché sono (siamo) stufo (i) di bere TRENTO(DOC) in bicchieri firmati Franciacorta. O addirittura Champagne.

Cazzo, che ci vorrà mai a pensare ad un bicchiere con scritto sopra TRENTO(DOC) e a fare in modo che ristoranti, enoteche, winebar lo usino? Ma perché, qualcuno me lo spieghi, sempre più spesso mi capita di bere il mio metodo classico preferito in bicchieri firmati Barone Pizzini?

Ed era un bicchiere Barone Pizzini anche quello in cui ieri, nell’ambito di un’occasione istituzionale (nel senso delle paludate istituzioni trentine) in uno dei ristoranti gourmet più fichi e glam delle Dolomiti, mi hanno servito prima un Balter Riserva e poi un Haderburg. Peccato solo che giusto mentre stavo impugnando l’aggeggio fotografico per immortalare BALTERTREBICCHIERI affogato in Franciacorta, il cameriere abbia provveduto a far sparire la bottiglia roveretana e a sostituirla con quella tirolese. Ma credetemi, anche l’amico Nicola, ieri, è finito dentro uno splendido bicchiere Franciacortino. E non è stato un bel vedere. Ve lo assicuro.