Ieri nella casella di posta elettronica del blog, abbiamo trovato questa bella sorpresa: una lettera dell’avvocato Elvio Fronza, presidente di Cantina Trento Le Meridiane ed ex presidente di Consorzio Vini del Trentino. Una lettera affettuosa scritta a seguito del post pubblicato domenica – C’è della violenza in Trentino -. Abbiamo deciso di pubblicarla, perché al di là della sincera stima che ci lega al vecchio Bacam da Zivezam,  e non contenendo nulla di personale siamo convinti che, soprattutto nella seconda parte, esprima una linea pensiero perfettamente in sintonia con il collettivo di Trentino Wine.

Cosimo Piovasco di Rondò

Trento, lì 24 agosto 2016

Cari Amici di Trentino Wine Blog!

Chiunque sia l’autore dell’articolo del 20 agosto scorso (che mi è stato trasmesso solo oggi  dal mio attento Direttore), sia l’amico “segreto” Tiziano Bianchi, che saluto, sia il dott. Rossi, che pure saluto cordialmente, ringrazio per i pensieri lusinghieri nei miei confronti, ricordando, soprattutto a me stesso, che “io sono quello che sono”, perché rappresento intimamente, con estrema umiltà, ma con altrettanto forte impegno 500 e più viticoltori trentini, che presidiano, attenti anche se vecchi e malandati, la cintura verde della nostra città, che è pur sempre il più esteso e prestigioso comune agricolo della Provincia.

“Curva minore del vivere mi avanza”, così come ha affermato molto tempo fa un nostro grande poeta. Ma vivo ancora pienamente la vita del vigneto e dei viticoltori che mi hanno rinnovato sempre la loro fiducia (nella mia elezione non ho mai avuto un voto contrario, anche perché, se qualcuno l’avesse espresso, non lo avrei certo “radiato” dalle mie attenzioni e dai miei affetti, ma lo avrei amichevolmente chiamato, soprattutto per dovere di onestà, più che di istituzione, ad un confronto, invitandolo a spiegare le ragioni del suo dissenso).

Ma tant’è!

Quindi vivo ogni giorno, ogni ora e ogni minuto della vita che mi resta, come fossi dal primo minuto, dalla prima ora, dal primo giorno, impegnato a trovare soluzioni, insieme ai miei Consiglieri e con l’aiuto vigile dei Sindaci e con la collaborazione di tutta la mia “squadra”, per assicurare il maggiore benessere ai miei amati Soci.

Ma purtroppo l’invidia, il disprezzo, il rifiuto dello stare insieme portano alle volte adecisioni dure e inflessibili per il doveroso rispetto delle regole che ci siamo dato collo dello statuto che è la nostra carta di vita.

Se qualcuno sbaglia (e purtroppo ciò avviene sempre con maggior frequenza), l’amministratore è obbligato a far rispettare la regola ed adottare provvedimenti, anche impietosi.

Di qui, forse, la violenza sulle cose più care, che non sono “cose”, ma carne viva della nostra stessa essenza.

Per la seconda parte dell’articolo, condivido, con riferimento al flagello peronosporico che ci ha recentemente colpiti, le considerazioni da Voi espresse.

Le cosiddette “piattaforme tecnologiche” (l’immagine è bellissima, anche se tragica), adottate soprattutto dai grandi “colossi” vitivinicoli trentini, rievocano antiche pratiche da tempo superate.

La generalizzazione, la globalizzazione, “l’ordine supremo per tutti”, da eseguire da tutti indistintamente, senza la verifica di particolari pregi o difetti di ciascuno di noi, porta inevitabilmente allo sconquasso finale.

Ogni viticoltore, ogni contadino, ogni uomo, qualunque attività esprima nella sua vita, deve necessariamente affidarsi alla propria esperienza e all’esperienza che ha accumulato nel tempo attraverso la tradizione, il patrimonio genetico, l’insegnamento dei padri, l’esempio delle buone pratiche di altri.

E’ il viticoltore l’artefice delle sorti della propria vigna!

Certo, che deve sentire e quindi “adattare” le prescrizioni generali, se non ha l’aiuto singolo da parte del tecnico della Cantina cui appartiene (come mi sento orgoglioso di dire che avviene per la mia).

Ma posso anche dire, con altrettanto orgoglio, che la mia Cantina ha superato la tempesta estiva del flagello fungino, anche e soprattutto perché ha disdegnato gli “squadroni tecnologici” proposti (non imposti, perché ogni Cantina – come ho sempre rivendicato – ha la propria dignitosa e intoccabile autonomia), che hanno consigliato pratiche generali, che si sono rilevate poi insufficienti.

Quindi, come sta predicando da tempo Geremia Gios, che richiama continuamente l’evangelo di Don Guetti, la forza dell’agricoltura trentina deve essere espressa dal basso, rovesciando quella  piramide maledetta, costruita da burocrati spavaldi in questi ultimi decenni, che sta segnando per fortuna, il passo, vinta dalla speranza di tutti i buoni di spirito, che vogliono a gran voce un mondo migliore.

La nebbia venefica dell’umiliazione non scenderà nella mia Cantina, almeno fino a che il mio pensiero sarà libero e soprattutto riesco ancora a condividerlo, con l’abbraccio d’amore infinito, con tutti i miei soci.

Grazie ancora delle Vostre parole.

Elvio Fronza – bacan da Zivezan